Fiabe

le fiabe di Angela Cavelli
prendono spunto da quelle classiche

Quando le parole degli altri sostituiscono la propria esperienza, è meglio non ascoltare e rinchiudersi nel cesso.
di Angela Cavelli

Fiabe

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Venerdì 1 Aprile, 2011
[...]

“Tu ci sai fare nelle relazioni, farai scuola anche ai miei figli, ma ne avranno le capacità?” esclamò il giovane che stava partendo per il viaggio di nozze.
“Nella scuola non si tratta di avere capacità particolari, d’aver doti particolari, ma di esercitare una competenza nel far fruttare i rapporti: tu me l’hai permesso e io ti ho insegnato la mia materia: farti diventare ricco.
Io ho trattato l’altro per quel che è: ho trattato l’orco, che s’è dimostrato un impotente, da orco usurpatore, il re da re, il marchese da marchese. La verifica va fatta di atto in atto: ad ognuno il suo merito. Se il tuo bambino sarà furbo, quando copierà dai compagni spero proprio che non si faccia scoprire, perchè, se riuscirà a far bene i compiti, figurati a me cosa interessa come ci è arrivato! Non mi importa la strada, m’importa il risultato, tanto le capacità non si imparano a scuola! Come arrivarci sono fatti suoi per la pace di tutti! Io gli dirò solo: - L’hai fatto bene - oppure: - l’hai fatto male - Non mi sognerei mai di digli che poteva fare di più. E neppure gli dirò che si impegna poco perchè la riuscita può andare dal sei al dieci. Quello che mi darà mi andrà bene. Io so accontentarmi. In questo modo sarò sempre contento e soddisfatto e così il tuo bambino. Io prendo quel che c’è e se c’è una cosa che non va è quella d’esser sempre insoddisfatti e scontenti dei risultati. Il re ha dato merito a te, la prima volta, di averlo onorato con un coniglio. S’è accontentato. Se m’avesse detto: - perchè un coniglio solo? Potevi portarmene due - io ci sarei rimasto male e magari non ci sarei andato più.”
“Mio figlio diventerà medico?” buttò lì la principessa, ora accanto alla sposo, con ansia tutta materna.
“Chi l’ha detto, cara principessa?Tuo figlio avrà una meta, ma non puoi prefissarla nei suoi contenuti, altrimenti farai tutta la vita a guardar male tuo figlio che magari ama follemente dipingere i tramonti. Vivresti male tu e anche lui.”
“E se dovesse avere difficoltà di apprendimento?”
“Questa sì che è bella: non esiste in natura difficoltà di apprendimento e ciò che a scuola si insegna è poco rispetto alla capacità di ognuno; se tuo figlio andrà male è perchè sarà stato demoralizzato, deluso e non sarà più capace di prendere, si tratta proprio di prendere, senza difficoltà tutto ciò che gli è offerto, oppure se non gli va, di scartarlo.”
“E allora che farai?
“Non farei niente. Ci vuole una grande competenza per poter fare niente. In questo modo tuo figlio prenderà il tempo che vorrà, avrà agio finalmente di pensare, senza che nessuno gli chieda prestazioni e che intervenga in continuazione a dirgli cosa deve o non deve fare. Si chiama rispetto e questo potebbe essere l’inizio di un rapporto con me, conveniente per lui. Il resto verrà.”
“E se dovesse diventare handicappato e rinunciare a fare esperienza delle cose, non usare più occhi, orecchi, mani?
“Le esperienze si fanno o per amore o per forza. Io invece li farei con lui. Prenderei la sua mano e gli farei tastare ciò che gradisce e che io apprezzo, finchè arrivi a fare esperienza di qualcosa. Se lo incuriosissero gli animali, gli farei accarezzare il manto del cavallo baio, se gli piacessero le piante, lo farei tuffare in un tappeto d’erba per poi coglierne i fiori: almeno finirebbe delle azioni e rilascerebbe i suoi muscoli, insomma metterebbe un punto da qualche parte.”
“Sembra facile quello che dici” mormorò la principessa.
“E facile quando ci si apre alla realtà, si riconosce che può diventare nostra, ereditabile come la fortuna dello zio d’America” rispose il gatto da gran signore.
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